Partiamo da Milano Malpensa destinazione Reine, facendo scalo a Bodø prima di intraprendere una traversata con un traghetto di notte. Sbarchiamo a Reine nel bel mezzo della notte e veniamo accolti da una tempesta di neve, troppo stanchi per fare qualsiasi altra cosa decidiamo di andare a farci una doccia e dormire: qui inizia il vero viaggio. La mattina successiva, riposati e dopo una buona colazione, decidiamo di metterci in auto per andare a visitare il piccolo paesino di Nusfjord, un caratteristico agglomerato di casette rotte che ornavano il fiordo come le perle di una collana. Ma siamo al Nord, e il clima non esita a ricordarcelo. Sotto una pioggia di neve e di ghiaccio decidiamo di scendere e esplorare il paese per trovare gli scorci fotografici migliori e così fu. Prendemmo posizione, ed aspettammo. Dopo quasi quarantacinque minuti finalmente le nuvole iniziarono a diradarsi e dei raggi di sole illuminarono le casette rosso cremisi, fu un momento mistico, come se il tempo non avesse intaccato la sacralità del luogo, ma mai adagiarsi sugli allori, infatti tempo neanche quindici minuti e il tempo mutò ancora, ritornando a nevicare. Feci in tempo comunque a ottenere lo scatto perfetto.
Il maltempo ci inseguì anche in questa vallata, quindi stanchi ma soddisfatti decidemmo di tornare al campo base, per una bevanda calda, un piatto di pasta e una dormita. Questo fu il mio primo giorno nelle Lofoten, un benvenuto caloroso e gelido, dove per ogni due ore di maltempo seguiva un quarto d’ora di meraviglia, ma quel quarto d’ora vi garantisco può valere mesi interi.
Il giorno successivo la Norvegia ci ricordò che non è sempre tutto rose e fiori, specialmente in questo lavoro. La giornata venne trascorsa in casa, mi dedicai ai backup delle schede sul mio hard disk, abbozzai qualche idea di post produzione ma niente più, fino alla sera. Le previsioni dell’aurora tramite l’App Aurora Forecast davano un’intensità di kp5 e un flebile spiraglio nel cielo dalle 01:00 alle 03.00, era la nostra occasione. Dopo una cena sostanziosa e qualche ora di dormita ci mettemmo in auto, direzione Skagsanden, vi ricordate? La spiaggia sulla quale la tempesta sembrava danzare incessantemente. Arrivati sul luogo poco dopo l’una la tempesta non accennava a smettere, ma fiducioso scesi dall’auto alla ricerca di una composizione che potesse rendere giustizia a quella maestosa spiaggia, in linea con le mie aspettative. Trovai una bella formazione di ghiaccio sulla sinistra che entrava tramite una diagonale dinamica e una formazione sabbiosa sulla destra, molto simile ad una foce di un piccolo ruscello, e posizionai l’attrezzatura. Tolsi il tappo protettivo della lente solamente per comporre, realizzai gli scatti del primo piano con focus stacking, rimisi il tappo ed aspettai, la tempesta non accennava a placarsi. Dopo quasi quarantacinque minuti di freddo, acqua e neve si alzò il vento e li capii che c’era speranza. Nel cielo un leggero bagliore verde acqua iniziava a palesarsi, le nuvole correvano veloci lasciando spazio ad un tappeto di stelle. L’aurora anche questa sera fu spettacolare, molto intensa ed emozionante. Nella mia fotografia però non volevo una spiaggia candida che specchiasse un cielo limpido, non l’avevo vissuta così io. Aspettai ancora, finchè la tempesta non sopraggiunse di nuovo, e li realizzai il mio scato. Il connubio perfetto tra tempesta e calma, tra poesia e caos, così vissi Skagsanden, così la volli ricordare.
Il giorno successivo trovammo il sonno in una fredda mattinata dove il sole sembrava troppo timido per sorgere, fui contento di dormire un po’, la stanchezza iniziava a farsi sentire. Il pomeriggio il cielo si aprì completamente e decidemmo di andare verso Haukland Beach ed Utakleiv. Dopo quasi un’ora e mezza di strada arrivammo in questa spiaggia che per molti versi mi ricordò Skagsanden, ma sicuramente più ospitale. La spiaggia era divisa in due parti da un serpentello d’acqua che sfociava in mare, e dove c’è un corso d’acqua, ci sono primi piani strepitosi. Dopo una ricognizione andata a buon fine, misi il mio cavalletto nella sabbia bagnata che ornava il letto del ruscello, e realizzai una composizione verticale che incarna perfettamente la mia idea di Haukalnd Beach: un gioco di linee e sentieri che portavano all’orizzonte, il tutto durante un tramonto molto generoso da una terra che tanto sa dare, e tanto sa togliere.
Anche qui presi una carezza ed uno schiaffo, morale ovviamente. Appena terminato il tramonto ad Haukland Beach, anche se la seconda location era distante solamente qualche minuto di distanza non la raggiungemmo mai, il cielo si coprì completamente, quasi a proteggere il mito della durezza del clima nordico, ma bisogna sempre guardare il bello della natura, mai il suo essere severa. Abbiamo appena superato la metà della nostra vacanza, quando due giorni di tempesta di abbattono su tutte le Lofoten, traghetti sospesi, ponti chiusi e rischio a stare fuori dalle proprie abitazioni per il forte vento, un duro colpo per il morale e per la mia voglia di avventura, ma come diceva Branduardi “si laudato per frate vento, aria nuvole e maltempo, che alle tue creature da sostentamento” bisogna amare ogni aspetto della natura. Fotografia di paesaggio non è solamente bei tramonti, notturne limpide e albe mozzafiato: è anche sofferenza, attesa, aspettative deluse e tanto maltempo, ed è giusto così, ed è bello. La vacanza era quasi giunta al termine, quando le previsioni meteo riaccesero una speranza in me, uno spiraglio in quel cielo gelido dalle 06:00 alle 09:00 del mattino, significava solamente una cosa nella mia testa: alba ad Hamnøy. Armati di buona speranza e un mix di speranza e paura di una delusione, andammo sul ponte che collega Hamnøy a Reine, una fotografia molto da cartolina, ma che chiunque dovrebbe avere nel proprio corredo. Iniziai a realizzare un timelapse per documentare quella meraviglia, dovetti legare il cavalletto alla ringhiera del ponte, il forte vento spostava le gambe di un cavalletto come se fosse una margherita in un campo. Il meteo sembrava averci mentito: la pioggia e la neve non cessarono neanche un minuto, fortunatamente il vento però ci massaggiava le spalle, proteggendo la lente dalle intemperie, bisogna sempre guardare il lato positivo delle cose no? Mancavano pochi ticchettii alle otto, l’orario dell’alba. La golden Hour era un ricordo lontano, nascosta dietro le nuvole grigie come il mio umore. Quando improvvisamente in una decina di minuti uno spiraglio squarciò il velo di nuvole, un raggio di sole uscì prepotente per illuminare il caratteristico villaggio di Hamnøy, fu uno spettacolo. Ma la mia sete di creatività non venne a pieno soddisfatta, non amo condividere le mie emozioni con altri quaranta cavalletti, e quaranta non è un numero con puri riferimenti casuali. Decisi di fare la pazzia, scesi sugli scogli. Il vento tirava forte, le onde erano cariche di una rabbia antica, e ogni tre scatti ero costretto a scappare indietro per evitare di venire ulteriormente lavato. Ma da là sotto tutto sembrava più calmo nonostante il rumore fragoroso del mare, tutto sembrava più intimo, più mio. Le persone litigavano per guadagnare qualche centimetro in più per posizionare il loro cavalletto più saldamente su un ponte in cemento, quando io su quegli scogli freddi levigati dal vento norvegese ero così a mio agio che non smettevo di sorridere. Immortalai ancora una volta un’alba unica, non per la bellezza del luogo o delle condizioni, ma perchè in quel punto, da quella prospettiva, nessun altro fece una fotografia.
Spesso la paura di staccarsi dal gregge rende le persone cieche, la paura di non portare a casa nessuna fotografia da postare su qualche stupido social e non ricevere la propria dose di like spaventa troppo. A me l’unica cosa che spaventa è che la mia fotografia possa omologarsi in questa era digitale, dove tutti credono di essere migliori di altri, in questa ricerca continua di un tramonto mozzafiato su composizioni mediocri trite e ritrite, la mia più grande paura è di non riuscire ad esprimere la mia arte per paura di allontanarmi dal porto. Spesso mi viene chiesto quale sia il mio rapporto con la fotografia e come ho fatto ad arrivare fin qui, anche se io mi sento all’inizio di una scalinata della quale non vedo la fine, anche se riconosco di aver fatto qualche gradino certamente. Il mio rapporto con la fotografia di paesaggio è solamente un rapporto di reciproca espressione, la natura offre, io raccolgo, come un contadino.