LA MIA Thailandia

 

Benvenuti e bentornati nella rubrica dedicata ai viaggi fotografici, quest’oggi vi porto alla scoperta del sud est asiatico.
Alla scoperta delle tradizioni locali, della storia di questo paese e delle persone che abitano la Thailandia.

Il tour fotografico in Islanda sta per partire, sarai dei nostri?

Premessa: era la mia prima volta nel sud est asiatico e, vi assicuro, non sarà l’ultima.

Questo è stato più un viaggio di piacere che di lavoro, otto giorni di distacco dal mondo capitalistico occidentale, dove rilassarsi e ritrovare un barlume di pace interiore in mezzo a questa grigia nebbia padana. Ma ora basta preamboli e tuffiamoci in questo meraviglioso viaggio.

Partenza da Milano MXP alle ore 09:55 ora locale in direzione Abu Dhabi con arrivo previsto alle 18:45 ora locale. Qui abbiamo avuto uno scalo di circa 4 ore per poi imbarcarci subito sull’ultimo aereo della tratta alle 22:20 per Bangkok con atterraggio previsto alle 07:20 ora locale. Si, se state pensando “cavolo che faticaccia, il primo giorno si arriva alle 7 e si deve affrontare un’intera giornata di tour” avete proprio ragione. Due cose mi hanno stupito appena varcate le porte automatiche del grande aeroporto tailandese: il caldo e la sensazione pungente di un mix odori che non ci appartengono, ma ci tornerò sopra presto. 

Soggiorniamo al Landmark Hotel, un bellissimo 5 stelle nel centro della città. Colazioni ricche al 21° piano con vista panoramica sulla caotica città, personale gentilissimo e che parlava inglese perfettamente. Bangkok è, a oggi, la città più grande che io abbia mai visto con circa 12 milioni di abitanti che vivono a cavallo tra modernità e arretratezza, tra lusso e povertà dilagante, tra innovazione e tradizione. Bangkok è stato il nostro rifugio per sole due notti fortunatamente perché, per i miei gusti, è una città troppo trafficata e con troppa densità umana per metro quadro al quale poi si aggiunge un caldo torrido che sfiora i 40° con un’umidità del 90%. L’odore ragazzi, l’odore è qualcosa al quale non mi sono mai abituato. Le regole occidentali di igiene e conservazione dei cibi non sono le stesse, le leggi sullo smaltimento dei rifiuti e della conservazione di essi sono totalmente differenti, li è normale vedere cumuli di rifiuti il giorno dopo saranno sì raccolti dalla nettezza urbana ma senza disinfettare o anche solo lavare il posto di prelievo con il risultato che si creano odori acri e pungenti di marcio stagnante, come quando lasciate umido e indifferenziato sotto il sole cocente estivo per almeno tre settimane, e sono stato molto gentile. 

Ma Bangkok non è solo cattivi odori per fortuna e quindi partiamo subito alla grande con la visita al palazzo della famiglia reale e il caratteristico mercato dei fiori locale, dove ogni giorno vengono preparate collane di fiori, offerte e mazzi per le quotidiane offerte ai templi e per i riti religiosi. I Thailandesi sono un popolo fiero delle loro origini e della loro tradizione ma soprattutto dediti e molto vicini alla religione  buddista. Loro praticano gli insegnamenti Thai, corrente originale del buddismo, ma ci sono tante sfumature a seconda del paese dove viene praticato. Questo forte attaccamento a una religione che non predica l’amore come insegnamento diretto  ma come conseguenza della vera pace che ricerchi nel buddismo, ovvero un bilanciamento della salute fisica e mentale, creando così un dilagante e incontrollato fiume di amore e gentilezza che permea tutto il terreno di questa meravigliosa terra. È meraviglioso vedere come persone che vivono sulla soglia della povertà siamo così pronte ad aiutarti a cuore così leggero mentre, nel nostro mondo capitalistico e consumistico, nessuno vuole più tendere una mano all’altro, se non per colpirlo.

Dopo una giornata interminabile sul quale gravavano non solo 12 ore di volo ma anche 6 di scali e altrettante di jet lag, il giorno successivo ci alziamo alle 06:00 per un’abbondante colazione e partiamo subito per visitare l’iconico Maeklong train market, il treno sulle rotaie dove quotidianamente, più volte al giorno, le bancarelle vengono smontate e rimontate per permettere al treno di solcare i metallici binari che le persone utilizzano comunemente come strada. Nonostante sia un posto molto turistico causa social la nostra guida ci ha portato alla prima tratta del treno, alle 9:30 e quindi abbiamo avuto un attimo di respiro prima che la strada parallela vomitasse una quantità spropositata di turisti, come noi, in effetti.

Terminata la nostra esperienza ai limiti della sicurezza a questo mercato ed è subito tempo di andare a una delle attrazioni che più aspettavo da programma, il Floating Market, il mercato galleggiante.  

Questa è una vera e propria esperienza perché esula da ogni nostro concetto occidentale di mercato perché ogni transazione, ogni contrattazione, ogni cosa viene fatta attraverso le barche. Vedi una bancarella a cui sei interessato, che in realtà è una palafitta, lo comunichi al tuo capitano di vascello e lui si affianca e iniziate a trattare. Anche questa è una cosa che ho trovato molto bella e molto strana per me che arrivo da Milano, il trattare. Ogni prodotto che volete acquistare potete acquistarlo anche al 50% del prezzo se siete abili a trattare sul prezzo, un’esperienza molto divertente. Qui si trovano molti oggetti artigianali come prodotti intagliati in legno, quadri dipinti a mano, tessuti filati al momento da abili sarte e della frutta che più buona non ne ho mai assaggiata.

p.s.: sta a voi decidere se e quanto trattare. Vi consiglio di trattare su oggetti e vestiti, non sul cibo, perché mentre i primi sono venduti a prezzi volutamente più alti, i secondi sono già venduti a un prezzo che per noi è veramente irrisorio e quindi non ha senso “lucrare” su pochi centesimi. Vi faccio un esempio.
Un vestito, pantalone e maglietta, qui lo trovate a 1000 Baht (circa 25€) e potete tranquillamente trattare fino a 200 Bath (circa 5€) perché nel resto dei mercati la cifra è questa. Per la frutta invece parliamo di un casco da 6 banane per un prezzo di 50 Bath (circa 1,20€), quindi capite che non avrebbe senso trattare per 25 Bath? A noi 0,60 centesimi non fanno la differenza, a loro può essere. L’euro è molto forte rispetto alla moneta Thailandese, al oggi che sto scrivendo l’articolo, il cambio è 1€ = 39,06 Bath.

Nel pomeriggio abbiamo navigato per i canali della capitale, un tempo chiamata la Venezia orientale, su una longtail locale che doveva portarci al tempio di aurora. Breve storia triste: il motore della barca si è rotto dopo una decina di minuti e abbiamo dovuto attraccare a un molo lì vicino e continuare a piacere. Ma non sarà di certo questo a scoraggiarci! Infatti, dopo aver fatto più di venti minuti sotto un sole cocente alle 13:00 del pomeriggio con oltre 40°, siamo arrivati al tempio di Aurora. Un luogo veramente strepitoso tutto caratterizzato da questo stupa, il loro pinnacolo costruito sopra la reliquia di buddha, tutto sul bianco ornato e decorato da finissimi vetri e ceramiche colorate, al fine di creare un mosaico tridimensionale.

Dopo un aperitivo al canale con vista sul tempio di Aurora al tramonto abbiamo proseguito verso Chinatown del quale non vi racconterò niente per evitare ridondanti lamentele, vi basti sapere che se dovessi mai figurare l’inferno per me, invece dei gironi danteschi con il conte Ugolino e uomini tramutati in albero spazzati dal vento torrido, io descriverei Chinatown di Bangkok.

Il giorno successivo in un entusiasmo generale lasciammo la capitale direzione nord del paese, dove finalmente avremmo potuto godere della verde e tranquilla Thailandia che sognavo di vivere. Ci aspettano quasi 4 ore di pullman ma dopo circa 3 la nostra guida organizza un pranzo in questa località immersa nel verde, dove abbiamo mangiato dell’ottimo cibo, lontano dal fragore dei motori e dal caos della città.

Qui sono stato subito rapito dalle bellezze naturali che questo luogo aveva da offrire infatti ho mangiato veramente poco in quanto, poco dopo essermi seduto, un coloratissimo pennuto ha catturato la mia attenzione. Era un tessitore dorato asiatico, un uccello della famiglia dei Ploceidae (per i più appassionati) che portava nel becco una manciata di fili d’erba. Imbracciai il mio 70-200mm 2.8, rigorosamente Canon, e scattai un esemplare maschio intento a costruire un nido per far colpo sulla femmina in modo da potersi riprodurre. Questi nidi sembrano delle bellissime gocce verdi formate da tantissimi fili d’erba, ramoscelli e piccoli arbusti. 

Finito il pranzo e la piccola sessione di wildlife improvvisata risalimmo sul pullman, direzione Sukhothai per trascorrere una nottata immersi nel verde e nei suoni primordiali della foresta Thailandese. 

Il giorno successivo, all’alba, abbiamo vissuto un’esperienza che da secoli viene tramandata da padre in figlio nella città di Chiang Mai, la quotidiana offerta ai monaci del tempio. I monaci, secondo gli insegnamenti buddisti, non possono lavorare. Non per loro scelta, ci spiegò la guida, ma perché si crede che se occupassero la giornata con lavori manuali si distrarrebbero dalle preghiere e dalla meditazione, quindi dal loro ruolo nella società. Molti Thailandesi sono buddisti e soprattutto molto attaccati alla religione. Come già ho introdotto nelle righe precedenti, il buddismo per queste persone non è solamente una religione fine a se stessa, utile per salvarsi l’anima, ma è un vero e proprio stile di vita alla continua ricerca dell’equilibrio fisico e mentale, vivendo al meglio la propria giornata, senza preoccuparsi troppo del domani. Così facendo, ci ricorda Mino (la nostra guida), il buddista non è accecato dall’egoismo e dal denaro ma è grazie alla sua continua introspezione e meditazione che riesce a essere una persona migliore e quindi a rendere migliore il mondo che lo circonda.

È veramente istruttivo vedere il rispetto che queste persone hanno per i monaci e per quello che rappresentano nella società, vivere la sacralità di quei momenti è qualcosa che mi ricorderò per sempre.

Dopo una mattinata trascorsa tra un bellissimo giro in bicicletta per il parco archeologico della città, la visita a una scuola locale per capire i loro programmi di studi e le loro usanze, ci siamo diretti verso un affluente del Mekong e abbiamo disceso le sue acque a bordo di una longtail a motore. 

Qui abbiamo avuto un assaggio delle popolazioni locali e di come i corsi d’acqua, da sempre nella storia dell’umanità, siano stati ritrovo di genti e fonte di vita. Una cosa che ho apprezzato tantissimo rispetto alla nostra cultura è che qui le persone sono così socievoli e orgogliose del loro lavoro che sono fiere di mostrartelo e felici di salutarti. Discendendo il fiume abbiamo incontrato un gruppo di bambini che ci è nuotato incontro salutandoci e giocando, un pescatore che sventolava come un trofeo il pesce appena pescato e tanti agglomerati di palafitte costruiti alla bene e meglio, forse attracchi per barche e forse luoghi dove mangiare insieme.

La giornata volge al termine con la cena in hotel e la visita del mercato locale in autonomia, una bella esperienza per conoscere la vita notturna della città, comprare qualche ricordo per noi e parenti ma soprattutto per conoscere nuove persone e farci raccontare un po’ come si vive a Chiang Mai.

Veniamo al giorno che più aspettavo dall’inizio del Tour, Elephant Camp e il villaggio delle donne giraffe.
Qui non c’è molto da spiegare e non credo di riuscire a spiegarvi mai a parole l’emozione di toccare con mano e interagire con un elefante, quindi preferisco siano le immagini a parlare.

Per l’esperienza trascorsa con le donne giraffa invece voglio spendere due parole perché credo sia onesto e doveroso. Le donne giraffa, originarie della tribù Kayan, sono in realtà immigrate in Thailandia dopo la guerra civile in Birmania e alcuni nuclei si sono stabiliti proprio qui. In questo villaggio hanno la possibilità di lavorare e vendere i loro prodotti, vivendo del turismo di massa occidentale e non, perché effettivamente non “esistono” per lo stato. Parliamo ora però degli anelli di ottone che conferiscono loro l’appellativo di giraffe. Erroneamente a quanto si crede questi anelli (che più che anelli sembrano qualcosa che ricordano le molle di una penna a scatto), simbolo di bellezza per le donne di appartenenza alla tribù, non allungano il collo ma abbassano invece il trapezio e quindi le spalle. Sono estremamente dannosi per il corpo di queste povere donne e provocano un indebolimento dei muscoli del collo, risultando con il tempo indispensabili per il loro corpo. Questa pratica risale agli albori della loro tribù e fortunatamente a oggi non è più in uso sulle nuove nasciture perché questi anelli, oltre che essere dannosi per la loro salute, erano anche motivo di discriminazione da parte dei loro compagni nella attività scolastiche e di relazione quotidiane.

Il tour poi prosegue con altre visite guidate a Stupa, parchi archeologici e templi di meditazione che meritavano più di essere vissuti che di essere fotografati. Piccola nota di merito di questo tour è stata l’esperienza di meditazione con un monaco del monastero sopra Chiang Mai, veramente un’attività insolita che per un’ora riesce a distaccarti dalle preoccupazioni e dal logorio della vita frenetica occidentale, regalandoti un assaggio della pace e dell’armonia con la natura tanto ricercata dai monaci buddisti.

È stata un’esperienza davvero importante per la mia persona e per la mia carriera, qui ho avuto modo di mettermi alla prova e di esplorare un genere fotografico che mi ha sempre appassionato ma che non ho mai preso seriamente in considerazione. Posso assicurarvi, e ve lo dico con il cuore, che viaggiare è il miglior ingrediente della felicità.

Grazie a tutti per l’attenzione, so che è stata una lettura impegnativa. Ci vediamo settimana prossima, sempre di lunedì, con il prossimo articolo!

Erik